Le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 38162 pubblicata il 30 dicembre 2022, hanno ribadito che la maternità surrogata, anche laddove avvenga in forma gratuita, è sempre da considerarsi una pratica «che offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane», come già affermato dalla Corte costituzionale.
Il bambino nato da maternità surrogata all’estero non può quindi essere riconosciuto in Italia come figlio della coppia, ma semmai soltanto di quello che ha dato il proprio apporto biologico. Di conseguenza, l’ufficiale di stato civile è tenuto a rifiutare la trascrizione degli atti di nascita stranieri che riconoscono il rapporto di genitorialità tra un bambino nato a seguito di maternità surrogata e il genitore d’intenzione (che non ha alcun rapporto biologico con il minore) per contrarietà all’ordine pubblico internazionale.
Il caso
Una coppia di uomini italiani, uniti civilmente, per realizzare il proprio desiderio di genitorialità ha deciso di stipulare un contratto di maternità surrogata in Canada, aggirando il divieto previsto dalla legge italiana di cui all’art. 12 comma 6 della Legge n. 40/2004.
La fecondazione è avvenuta tra un ovocita di una donatrice anonima e i gameti di uno dei due uomini, con successivo impianto dell’embrione nell’utero di una diversa donna, non anonima, che ha poi portato a termine la gravidanza e partorito il bambino.
Dopo essere stati riconosciuti entrambi come genitori del minore in Canada, i genitori, rientrati in Italia, hanno chiesto all’ufficiale di stato civile il riconoscimento del bambino come figlio della coppia, come indicato nell’atto canadese.
La vicenda processuale trae origine dal diniego da parte dell’ufficiale di stato civile incaricato di trascrivere un atto di nascita formato all’estero e riguardante un minore indicato dall’autorità straniera come figlio di due padri.
Giunti fino dinanzi le Sezioni Unite, queste ultime hanno respinto la richiesta dei due uomini, confermando la legittimità del rifiuto di trascrizione. Nella sentenza è stata inoltre ribadita la necessità di contrastare il ricorso a qualsiasi forma di maternità surrogata, in linea con la condanna espressa da più autorità a livello internazionale, fra cui il parlamento europeo con la nota risoluzione del 13 dicembre 2016.
Le Sezioni Unite hanno altresì chiarito che l’interesse del minore, pur essendo prioritario, non può tuttavia comportare per lo Stato l’obbligo di «riconoscere sempre e comunque uno status validamente acquisito all’estero».
Tre sono in particolare le considerazioni su cui si fonda la decisione delle Sezioni Unite.
- In primis, la volontà di disincentivare il ricorso alla maternità surrogata, una pratica che per i giudici di legittimità «offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane, assecondando un’inaccettabile mercificazione del corpo». A tal proposito, aggiungono che tale pratica non sarebbe neppure funzionale alla realizzazione del miglior interesse del minore, «attuando semmai quello degli adulti che aspirano ad avere un figlio a tutti i costi»
- La seconda considerazione risponde all’esigenza di chiarire che nel nostro ordinamento non esiste alcun “diritto alla genitorialità”: nel sistema normativo, si legge nella sentenza n.
38162/2022, non vi è «un paradigma genitoriale fondato unicamente sulla volontà degli adulti di essere genitori e destinato a concorrere liberamente con quello naturalistico».
Sul punto le Sezioni Unite, richiamando la sentenza n. 79/2022 della Corte costituzionale, hanno messo in evidenza che la fecondazione eterologa va tenuta distinta dalla maternità surrogata: nel caso di quest’ultima, infatti, «la genitorialità giuridica non può fondarsi sulla volontà della coppia» - La terza considerazione riguarda l’opportunità di affidare il riconoscimento della genitorialità a strumenti adeguati in grado di tutelare i minori, che non possono di certo essere quelli automatici. L’instaurazione della genitorialità e la realizzazione del miglior interesse del minore, secondo le Sezioni Unite, richiedono una valutazione di concretezza che confermi il preminente interesse del bambino a continuare, con la veste giuridica dello status, un rapporto di cura e di affettività che, già nei fatti, si atteggia a rapporto genitoriale. Una diversa soluzione, aggiungono le Sezioni Unite, «porterebbe a fondare l’acquisto della genitorialità sulla sola scelta degli adulti, anziché su una relazione affettiva già di fatto instaurata e consolidata».
Questa sentenza offre dunque innumerevoli spunti di riflessione e ribadisce, come già fatto dalla Corte costituzionale, la necessità di un intervento del Legislatore in materia, volto a disincentivare la maternità surrogata e al tempo stesso a tutelare i minori che, malgrado il divieto, sono comunque nati mediante il ricorso a questa pratica. La Legge n. 40/2004, infatti, come osservato anche dalla Cassazione, «non regola la sorte del nato malgrado il divieto».
Le stesse Sezioni Unite hanno ricordato che il divieto di maternità surrogata «esprime l’elevato grado di disvalore che il nostro ordinamento attribuisce alla surrogazione di maternità», un disvalore che deve quindi essere considerato nel procedimento logico di individuazione della migliore tutela dei minori nati attraverso il ricorso alla maternità surrogata.
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