Il 1 marzo 2024 si è tenuta la prima udienza fissata a seguito dell’accoglimento della richiesta di revisione del processo depositata dal difensore di Olindo Romano e Rosa Bazzi nonché dal sostituto procuratore di Milano e, come sempre quando i processi diventano mediatici, è bene fare chiarezza.
L’istituto della revisione processuale è disciplinato dagli artt. 629 e ss. c.p.p. i quali ammettono la possibilità di chiedere la revisione delle sentenze di condanna divenute irrevocabili anche se la pena è già stata eseguita o è estinta. Si tratta, dunque, di un mezzo di impugnazione straordinaria e, come tale, non sempre è ammissibile.
Difatti, secondo il codice di rito, è necessario trovarsi in una di queste condizioni:
- i fatti contenuti in una sentenza di condanna sono incompatibili con un’altra sentenza di condanna divenuta irrevocabile;
- la sentenza di condanna trova il suo fondamento in un’altra sentenza di condanna successivamente revocata;
- dopo la condanna sopraggiungono nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto;
- è dimostrato che la condanna viene pronunciata in conseguenza di falsità in atti o in giudizio o di un altro fatto previsto dalla legge come reato.
La scelta del legislatore è quella di poter superare l’ostacolo dell’irrevocabilità della sentenza – la quale è tale quando vengono esauriti i mezzi di impugnazione ordinari ossia l’appello e la Corte di Cassazione -in presenza di elementi, tassativi, che congiuntamente a quelli già raccolti nel giudizio, rendono innocente il condannato o comunque facciano sorgere un ragionevole dubbio circa la sua colpevolezza.
La revisione del processo: le fasi
Il procedimento di revisione si articola in due fasi: la fase rescissoria e la fase rescindente.
La prima è quella in cui viene presentata l’istanza di revisione alla Corte d’Appello del giudice che ha emesso la condanna la quale, in caso di accoglimento, è tenuta a revocare la condanna e a trasmettere gli atti al giudice di primo grado.
La seconda, invece, è quella che si svolge dinanzi a quest’ultimo giudice che dovrà valutare i nuovi elementi di prova prodotti dalle parti al fine di esprimersi nuovamente sui fatti.
Il caso della strage di Erba
Il caso della strage di Erba, che si è concluso con la condanna di Olindo Romano e Rosa Bazzi, ha subito una forte pressione mediatica sin dal suo inizio, ma è bene, ai fini di un’analisi oggettiva della situazione, che si comprendano le ragioni sottese a una richiesta di revisione – dunque di messa in discussione – di un fatto già in precedenza accertato e passato in giudicato.
Nel dicembre 2006 a Erba sono stati uccisi a colpi di coltello e spranga i Sig.ri Raffaella Castagna, Youssef Marzouk, Paola Galli e Valeria Cherubini. A Seguito dell’uccisione, il colpevole ha dato fuoco all’appartamento. Ebbene, dopo tre gradi di giudizio, sono stati ritenuti responsabili dei fatti occorsi i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi. A fondamento della condanna vi fu non solo la testimonianza dell’unico superstite Marco Frigerio ma altresì la macchia di sangue di Valeria Cherubini sull’auto Del Sig. Romano e le confessioni rese dai coniugi.
Secondo la difesa dei coniugi nonché secondo il sostituto procuratore generale di Milano, la motivazione principale risiede nella mancanza di prove solide.
In particolare il riconoscimento del Sig. Marco Frigerio, nonché le confessioni dei coniugi sarebbero state indotte dagli inquirenti; la macchia di sangue rinvenuta potrebbe essere stata contaminata; e, inoltre, ci sono nuove prove che potrebbero scagionare la coppia quali testimoni e consulenze tecniche in grado di provarne l’innocenza.
Come si può facilmente comprendere, per poter procedere alla richiesta di revisione, si rendono necessarie le indagini difensive, disciplinate dagli artt. 327 bis ss. c.p.p.
Tali norme sono state introdotte dalla legge n. 397 del 2000 con lo scopo di attuare il principio costituzionale della parità delle armi tra accusa e difesa sancito dall’art. 111 Cost. e consentono al difensore, fin dal momento di assunzione dell’incarico professionale, risultante da atto scritto, di svolgere investigazioni per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito.
La revisione del processo, quale mezzo straordinario, potrebbe quindi portare a un’assoluzione dell’imputato e a un risarcimento del danno in sede civile anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza.
Intanto il 16 aprile, davanti alla Corte d’Appello di Brescia, i difensori di Olindo e Rosa hanno illustrato quelle che definiscono “nuove prove”, le quali, secondo loro, potrebbero comportare il ribaltamento della condanna all’ergastolo. La sentenza è stata però rinviata al 10 luglio. Poi ci sarà la camera di consiglio per la decisione.
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